La Gr&Partners ha incontrato Alessandro Visi casualmente, in quello che è il suo lavoro di ricerca delle eccellenze del made in italy, tra gli storici e gli emergenti che ogni giorno rendono alto il significato di tale definizione anche quando tutto, intorno, sembra dirti e farti credere il contrario… e che, con il loro talento, ti rendono orgogliosa di essere italiana. Certa che cultura, storia ed eccellenza continueranno a sopravvivere perché abbiamo avuto, abbiamo e avremo, degli esempi da seguire. Alessandro visi è un esempio.
ALESSANDRO VISI raro e prezioso minusiere nasce a Ponte di Poppi nel ’51. Ama costruire mobili. Lo fa da una vita. Ama risolvere problemi legati “alle misure” e agli spazi e riuscire in quello che altri hanno considerato “troppo complicato”. Realizza anche “pezzi unici” (datati, firmati e catalogati), pezzi originati da un pensiero intimo, il cui scopo è quello di arricchire l’ambiente dove verranno collocati.
Tutti i suoi mobili nascono nella bottega di Ponte a Poppi nella provincia di Arezzo, la bottega di famiglia che ha visto nascere anche quelli di suo padre Ivo (falegname) e di suo nonno Aristodemo (ebanista). Tutti i mobili che costruisce sono fatti interamente a mano ed in legno vero, costruiti a regola d’arte e con tecniche tradizionali. Utilizza diversi tipi di legno: ciliegio, cipresso, faggio, frassino, mogano, noce e noce canaletto, olivo, olmo, pioppo, tiglio ed il tek. Nel tempo ha realizzato cucine, armadi, porte, librerie concependole sulle misure e sugli spazi disponibili, con un occhio attento all’armonia d’insieme.
Una persona con pensieri gentili non potrà mai essere brutta. (…) Se ha pensieri gentili, questi le illumineranno il viso come raggi di sole, e apparirà sempre bella (Roald Dahl) Questa è la frase che mi viene in mente quando penso ad Alessandro Visi. È una persona garbata e gentile. È un artista che prima di parlare di sé ti parla di altri artisti o emergenti e delle meraviglie della Toscana.
Che dire? Una rarità!
Qui di seguito la breve intervista rilasciatami:
Cos’è per te il “Made in Italy”?
Potrei parlarti per ore di cosa “era” il Made in Italy. Sintetizzando: era una grande abilità nel coniugare manualità e pensiero, in una parola “artigianalità”. Poi è arrivato il “boom” (parola azzeccata che ricorda uno scoppio) degli anni ‘60 … e lì è iniziata la truffa. Al grido di “tutto per tutti” … e per gli artigiani è iniziato l’inesorabile declino. I “furbi”, invece, hanno iniziato ad impiantare aziende (con la complicità della politica e delle banche) basate sul niente, cominciando ad educare all’ ignoranza e all’ arroganza. un esempio per tutti, la decantata e esaltata “moda italiana” ha trasformato le persone in “uomini sandwich” (portatori di informazioni pubblicitarie). Sugli abiti non conta più la qualità o lo stile, conta solo il “marchio” ora ribattezzato “brand”. Il “Made in Italy” oggi è un cumulo di macerie.
Perché ti definisci “minusiere” e cosa è per te l’artigiano?
Il termine “minusiere” deriva dal francese “menuisier” ed era un costruttore di mobili che lavorava di fino (menu) assemblando ad incastro le diverse parti da cui è composto un mobile. In altre parole era colui che progettava e realizzava la struttura del mobile, che poi passava nelle mani dell’ebanista che la rivestiva (con impiallacciatura o tarsia) di legni pregiati. Il lavoro del minusiere era importantissimo per la durata del rivestimento dell’ebanista, al quale serviva una struttura molto stabile sulla quale posare il proprio lavoro.
Nel tempo, però, il termine “minusiere” è scomparso mentre sono rimasti quelli di “falegname” ed “ebanista”, quest’ultimo usato impropriamente da due secoli. Oggi molti si definiscono impropriamente ebanisti, a mio avviso gli ultimi veri ebanisti sono stati: Piffetti, Prinotto, Bonzanigo, Bolgiè e forse Maggiolini… tutti scomparsi da più di due secoli, con loro l’arte italiana di costruire mobili ha raggiunto il suo apice, ineguagliato nel mondo intero. Nella mia ricerca di costruire mobili cerco di mettere sempre più in evidenza la struttura del mobile, un modo per portare alla luce il prezioso lavoro del minusiere che è sempre rimasto nascosto sotto quello dell’ ebanista. L’ ultimo mio lavoro “nudo” (illustrato quì a fianco) ne è un esempio, preciso che la parte esterna della sua struttura è verniciata a tampone e gommalacca da me considerata la più alta finitura per legno. Questo è essere artigiano.
Cosa mi dici sull’esclusività e unicità?
Esclusività, lo dice il suo significato: escludere molti. Si può dire che una cosa è esclusiva quando sia preziosa intrinsecamente e prodotta in pochissimi esemplari se non addirittura in un unico esemplare, in questo caso si può parlare di unicità. A questo proposito mi viene in mente una “prestigiosa” fabbrica di mobili italiana che ha basato la sua ultima campagna pubblicitaria su questo slogan: “i nostri mobili sono costruiti come se fossero pezzi unici” quando l’ho vista sono allibito… cosa vuol dire: come fossero pezzi unici… sono o non sono pezzi unici? … non lo sono! Però cercano di spacciarli per tali. È questo il concetto che ha rovinato il “Made in Italy”… voler vendere per artigianale quello che invece è industriale.
Come vedi il tuo lavoro nel futuro?
Quando qualcuno mi domanda come sto? Rispondo: “mi considero terminale”. Essere artigiano non ha quasi neanche più un presente, il suo ruolo è sepolto sotto le macerie. Ma il suo “pensiero” trascende il tempo e rimane al sicuro in quello che ognuno di noi ha “fatto”.
Grazie Alessandro (per gentile concessione della Gabriella Ruggieri&partners a Vaifro Minoretti per Deamina Magazine)