È un bohemien cosmopolita l’uomo vestito da Luca Larenza, designer casertano, amante della moda e dello stile. A soli 30 anni il suo non è un percorso come tutti gli altri, non è alimentato dalla convenzionalità istituzionale di scuole di settore, bensì da un’esperienza diretta con quel mondo che lui ha sempre preferito alla teoria.
Da ragazzo si lascia conquistare dall’arte dei graffiti e catturato dalla sinuosità delle forme e da una spiccata sensibilità al colore. Dopo gli studi in giurisprudenza si trasferisce a Madrid per frequentare un Master in Fashion Management e nella capitale spagnola entra nel mondo delle multinazionali di moda. Dopo la proficua collaborazione nata con Angelo Fusco, fonda di lì a poco il omonimo marchio dedicato al menswear. Nel 2011 è “WHO IS ON NEXT? Uomo”, nato in collaborazione con Pitti Immagine Uomo, Altaroma e L’Uomo Vogue, a puntare l’attenzione sul brand e Luca Larenza è tra i finalisti del concorso. La maglieria e i capospalla hanno consacrato l’identità del marchio, sinonimi di una visione stilistica che sta evolvendo verso una più dinamica e diversificata proposta moda.
Luca veste l uomo che vive la modernità dei suoi tempi portando con sé la ricercatezza di una tradizione sartoriale rivisitata in chiave contemporanea. Una passione, quella per la maglieria e la moda maschile, che prende vita nel cuore della nostra Italia, nelle piccole realtà artigianali della Campania, dell’Emilia e del Piemonte, nella qualità pregiata di tessuti e filati, in quella minuziosa attenzione al dettaglio e nella predilezione a un cromatismo non urlato che ben si sposa con l’armonia delle forme. Un abbigliamento “emozionale”, come traspare dalle campagne di comunicazione che ne fanno da specchio. Emozionale perché nasce dal connubio di un passato che riporta in auge le radici di un’artigianalità dal sapore classico e che insieme si fonde ad uno spirito innovativo e di ricerca che filtra l’immagine dell’uomo nel suo vestire quotidiano.
“L’ispirazione non dà preavvisi”, scriveva Gabriel García Márquez. È un mondo che ingloba altri mondi, fatti di luoghi-non luoghi sospesi tra realtà e finzione. E Luca Larenza si muove tra queste suggestioni per alimentare il suo estro. Tutto può suggerire un’intuizione, basta saper guardare. Può essere la strada, con il suo crogiolo di volti e stili in fugace movimento o l’irrazionalità onirica di un sogno; un viaggio, una città; l’affascinante drammaticità chiaroscurale di un dipinto del Caravaggio o l’emozione di un film d’altri tempi. L’ispirazione vera e propria nasce, però, in quei luoghi familiari che esprimono l’essenza della sua vita e del suo lavoro. La frenesia metropolitana del suo atelier milanese e la dimensione rassicurante delle sue origini, di quella villa di famiglia immersa tra antichi castagni e fonti naturali nella nativa Roccamonfina, sono i tasselli che, intersecati, definiscono la filosofia del marchio.
Un sogno diventato realta, tantissime le passerelle europee, tantissimi i successi.
Quale credi sia oggi il senso dell’espressione “made in italy”?
Il senso del Made in Italy è quello di garantire al cliente finale un’autenticità vera del prodotto (italiano al 100%) che parte dall’etica. Non valgono gli “escamotage”. Un prodotto realizzato a basso costo all’estero in paesi che non tutelano in alcun modo i diritti dei lavoratori (molte volte minorenni) e stirato o etichettato in Italia non può fregiarsi dell’etichetta Made in Italy. Purtroppo è una tecnica spesso usata dai grandi marchi e il consumatore viene così ingannato.
Mi descrivi il processo creativo nella realizzazione delle tue collezioni?
Non c’è un vero e proprio “inizio” del processo creativo. La creatività è una costante.
Sicuramente durante l’anno ci sono viaggi, libri, vecchi film o idee che possono in un certo senso ispirarmi. Ad un certo punto metto insieme tutto ed inizio a fare la mia “ricerca”, seleziono le materie prime, butto giù qualche bozzetto e assisto gli artigiani nella realizzazione dei primi prototipi. Spesso cambio le cose in corso d’opera. Non sono mai tranquillo fino al giorno della presentazione.
Cosa ha ispirato la tua ultima collezione?
Il Mediterraneo, il Sud, la Costiera Amalfitana con i colori delle sue barche consumati dal sole.
Credi che i giovani designer siano influenzati dai grandi stilisti o, invece, non corrano il rischio di essere trascurati?
I giovani designer che riescono ad avere successo sono certamente quelli dotati di un’identità forte e di idee proprie. Le “copie” non vanno avanti. Per non essere trascurati bisogna creare degli argomenti validi, delle basi solide.
Quanto influiscono le tue emozioni e la tua quotidianità sulle tue creazioni?
Moltissimo. Mi ritengo molto fortunato per questo, vedere una collezione realizzata mi fa rivivere tutti i momenti e le emozioni che mi hanno accompagnato durante i mesi della preparazione.
Quali sono i suoi progetti futuri?
Spero di riuscire a dedicare più tempo ai viaggi. Mi piacerebbe molto conoscere l’Asia, ho iniziato a distribuire il marchio in Giappone e vorrei conoscere la loro realtà.
Pensi che la moda stia peggiorando ?
No. La moda si evolve, al pari della società e delle altre forme d’arte. La crisi che stiamo vivendo non è altro che una forma di selezione naturale.
Che la qualità paga. In tutte le sue accezioni.
La qualità del lavoro; la qualità di un capo o di un accessorio, che si tramanda da padre in figlio; la qualità di una persona. Fuggite dalle cose (e soprattutto dalle persone) di bassa qualità.
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