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MICHAEL JORDAN SIR AIR THE LAST DANCE
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MICHAEL JORDAN SIR AIR THE LAST DANCE
By Dott. Spalla Davide
Michael Jordan is widely considered to be the greatest basketball player of all time. During the 90s, he drove a Mercedes S600 coupé with many tuning extras from Sportservice Lorinser. Let’s have a closer look at this amazing car and see what options were available for C140/W140 back then. Basketball star Michael Jordan’s generously appointed Mercedes S600 coupé recently sold for more than 170,000 euros at an auction – despite a rather high mileage. In addition to the celebrity bonus, the luxury car from 1996 features several extras from Sportservice Lorinser. The German vehicle tuner explains the “accessories” that top athletes, successful actors and industrialists were able to order for the top-of-the-range Mercedes and the corresponding W140 sedan at the time. The German Lorinser Group, located near Stuttgart, is a family-owned company in its third generation. In 1930 Erwin Lorinser founded an independent workshop, which quickly developed into an official car dealership for Mercedes-Benz that is still successful today. In 1974, his son Manfred Lorinser took over the helm and established a new tuning branch: Sportservice Lorinser, which was registered as an independent company in 1981. Performance enhancements, aerokits, alloy wheels… The range grew just as quickly as the company’s eputation. Today, not only Mercedes vehicles but also those of the subsidiary Smart are refined. Since 2006 Marcus Lorinser, the founder’s grandson, has been managing the business of the now world-famous company. Today, components and complete vehicles are sold in over 40 countries around the world. All’età di 14 anni, il giovane Michael misura 172cm, durante un allenamento attaccando il canestro si trova 20 cm sopra il ferro (il ferro è situato a 305 cm, fate voi!)concludendo la sua prima schiacciata.


Vince il titolo NCAA nel 1982, l’oro olimpico nel 1984 a Los Angeles segnando 17,1 punti a partita. Sempre lo stesso anno viene selezionato dai Chicago Bulls come terza scelta nei draft: è la consacrazione della leggenda. Poco dopo firma il suo primo contratto da 250 mila dollari con la NIKE, su consiglio della mamma che riteneva l’azienda, all’epoca poco conosciuta, futuribile rispetto ad Astri ormai in “parabola discentente” come Converse e Adidas.l’anno seguente esce la prima scarpa AIR Jordan, soprannome inventato dal suo agente dell’epoca in virtù della capacità di micheal di restare sospeso in aria per una frazione di secondi… Una partnership, quella tra Michael Jordan e Nike, che mise da subito la giovane star dei Bulls sotto una luce diversa dalle altre star NBA. Da rookie, Jordan si presentò ad esempio al suo primo All-Star Game e fu vittima di una sorta di battesimo del fuoco da parte dei veterani, che in una partita passata alla storia come “freeze-out” scelsero di non coinvolgere Jordan nel gioco evitando di passargli il Pallone. 16 anni dopo il suo ultimo match, vengono vendute più scarpe e vestiti a marchio Jordan rispetto alle linee di ogni altro giocatore che milita attualmente in Nba.Come scrive Kurt Badenhausen nella sua daily cover su Forbes.com, i ricavi globali della filiale Nike Jordan Brand hanno raggiunto i $ 3,14 miliardi nell’anno fiscale conclusosi a maggio 2019, con un aumento del 10% rispetto al 2018. Il reddito annuo di MJ derivante dalla vendita di scarpe è stimato a $ 130 milioni (su un totale di reddito annuo di $ 145 milioni), quattro volte più di quello di Lebron James, al secondo posto, con $ 32 milioni. Il 20 aprile 1986, Micheal Jordan sigla 63 punti contro Boston in occasione di gara-2 del primo round dei Playoffs, record tutt’oggi imbattuto all’interno della postseason, tutt’ora i presenti ricordano di aver visto Dio travestito da Michael Jordan. Nel 1988 concluse la stagione con una media di 3,2 palle recuperate a partita e oltre 100 stoppate, vincendo il titolo di NBA Defensive Player of the Year Award. Nello stesso anno venne anche inserito nel quintetto difensivo ideale e guidò la classifica marcatori, con oltre 35 punti di media a partita, vincendo, per la prima volta, il titolo di MVP sia della stagione regolare che dell’All Star Game, che si giocò proprio a Chicago e nel quale segnò 40 punti; nell’occasione vinse, per la seconda volta, lo Slam Dunk Contest, la gara delle schiacciate, battendo in finale Dominique Wilkins con una schiacciata che passò alla storia, eseguita prendendo la rincorsa da bordo campo e staccando dalla linea del tiro libero. Nel 1992 vince l’oro con il dream team, pretendono l’esclusione dalla rosa dei giocatori, dell’allora punta di diamante dei cosiddetti “bad boys” di Detroit ISAIAH THOMAS, acerrimi nemici di Michael dai tempi del Freeze out dell’all star game 1985. Lo stesso anno vince con i Chicago BULLS il primo three-peat battendo i Los Angeles Lakers 4-1 nelle serie ed eliminando in semifinale lo spauracchio Detroit. Nei due anni successivi portò i Bulls a ripetere l’impresa, vincendo tre volte di fila il titolo NBA commentando così: Vincere tre titoli di seguito era un mio obiettivo, perché né Thomas, né Magic, né Bird ce l’hanno fatta. Non sto dicendo di essere più forte di loro, ma il fatto che solo io ci sia riuscito vorrà dire qualcosa.


Michael Jordan
La morte del padre però, fece scattare in lui un desiderio di cambiamento: “Ho sempre detto alla gente, alla gente che mi conosce, che quando avrei perso la motivazione, la voglia di dimostrare qualcosa come giocatore di basket, ecco quello sarebbe stato il momento perfetto per ritirarmi”. Era il 1993, Michael Jordan pronunciava queste parole davanti ai giornalisti, ai media tutti. E l’aveva fatto un paio di settimane prima dell’inizio di una nuova stagione nella NBA. Allo stesso tempo, rivelò a tutti il suo desiderio di trasformarsi in un giocatore professionista di baseball. “Dopo aver vissuto su queste montagne russe per gli ultimi nove anni, credo che sia ora di passare a una nuova giostra”. Ovviamente, il suo arrivo nel mondo del baseball fu colpito da numerose critiche. “Uno scherzo”, ma anche “arguzia pubblicitaria”, furono alcuni dei commenti più leggeri che utilizzò la stampa. Sul fronte “ostile” rimase esemplare l’articolo pubblicato da Sports Illustrated con in basso il titolo “Jordan, vattene!” Infatti ad inizio del 1995, ci furono dei rumors secondo i quali SIR AIRNESS avrebbe fatto ritorno ai bulls, nel dubbio La Nike, sponsor storico di Jordan, inviò 40 paia di scarpe targate Air Jordan ai Bulls. Il 18 marzo 1995 venne diramato un breve comunicato: “Michael Jordan ha informato i Bulls di aver interrotto il suo volontario ritiro di 17 mesi. Esordirà domenica a Indianapoliscontro gli Indiana Pacers.” Il giorno dopo Jordan si presentò in conferenza stampa con poche ma efficaci parole: “I’m back”. I Chicago vennero eliminati ai playoff dagli Orlando Magic, complice una condizione fisica di Michael ancora contaminata dalla morfologia muscolare del baseball, che poco si concilia con i gesti atletici ed i muscoli coinvolti nella pallacanestro. Nella stagione 1995-1996 i Bulls vinsero il loro quarto titolo e Jordan il “triple crown” cioè MVP dell’all star game, Della stagione regolare e dei playoff. La stagione 1996-1997 fu ancora una stagione-record: i Bulls ottennero un record di vittorie-sconfitte di 69-13. Nel corso dell’All-Star Game Jordan scrisse nuovamente la storia: con 14 punti, 11 assist e 11 rimbalzi fu il primo giocatore a realizzare una tripla doppia nella manifestazione. Ancora una volta i playoffs videro i Bulls protagonisti, e nelle finali arrivò il quinto titolo dopo la vittoria contro gli Utah Jazz di Karl Malone e John Stockton. In gara-5 Jordan giocò il famoso flu game in cui segnò 38 punti (compresa la tripla decisiva a 25 secondi dalla fine) nonostante il giorno prima fosse stato vittima di un’intossicazione alimentare causata da una pizza.Jordan guidò la squadra durante la stagione 1997-1998, nella quale vinse il suo ultimo premio di MVP della regular season. Dopo una regular season non all’altezza delle due precedenti, i Chicago Bulls ritrovarono lo smalto nei playoffs e raggiunsero nuovamente le finali, dove incontrarono gli Utah Jazz per il secondo anno consecutivo dopo avere vinto agevolmente la finale di Conference con un secco 4-0 contro i Los Angeles Lakers di Shaquille O’Neal e Kobe Bryant. Arrivò il sesto titolo per Jordan, suggellato da una palla rubata dalle mani di Karl Malone e dal canestro proprio di Jordan a 5,2 secondi dalla fine della sesta gara delle finali, giocata a Salt Lake City, entrato di diritto nella storia della pallacanestro: fu il secondo three-peat per Michael e i Chicago Bulls. Il suo tiro è rimasto noto nell’immaginario collettivo come The Shot. Il 25 settembre 2001 Jordan decise di tornare in campo, e da proprietario dei Washington Wizards tornò a essere giocatore.[189] Notevole fu l’interesse mediatico che si produsse intorno al suo ritorno, e i Wizards diventarono in breve una delle squadre più seguite dell’NBA. Durante le due stagioni nella nuova squadra, Jordan percepì un compenso di un milione di dollari, devoluto interamente in beneficenza alle famiglie delle vittime degli attentati dell’11 settembre 20014 gennaio 1999, al termine del lockout che posticipò l’inizio della stagione 1998-1999 in gennaio, annunciò per la seconda volta il ritiro. Si dedicò al suo secondo sport preferito, il golf, e alla gestione dei Washington Wizards.
Carriera cinematografica
Nel 1996 joe Pytka e la Warner Bros produssero SPACE JAM. La pellicola è ispirata ad uno spot della Nike, girato da Jordan con i famosi Toons nel 1992/93, che ebbe un successo clamoroso in tutto il mondo. Ciò spinse la Warner Bros. a farne un lungometraggio. Il film ha incassato 90.4 milioni di dollari negli Stati Uniti e 140 milioni nel resto del mondo, per un totale di 230.4 milioni di dollari, divenendo il film sul basket di maggiore incasso di sempre e il più proficuo film del genere sportivo dopo Rocky IV e The Blind Side. The Last Dance, che narra la sua storia con i Chicago Bulls, è finalmente stata annunciata in streaming dal 20 aprile. Un progetto nato nel ’97quando Michael Jordan, il proprietario della squadra, Jerry Reinsdorf, e il coach, Phil Jackson, accettarono che una troupe cinematografica della NBA Entertainment seguisse la squadra in quella stagione. The Last Dance, così, racconta il simbolico Jordan, il suo imprescindibile team, vent’anni dopo quella produzione, sotto la direzione di Jason Hehir: “Michael Jordan e i Bulls degli Anni ’90 non erano solo superstar dello sport, ma un fenomeno mondiale. Realizzare The Last Dance è stata un’incredibile opportunità per esplorare l’impatto straordinario di un uomo e di una squadra. Per quasi tre anni, abbiamo fatto ricerche in lungo e in largo per raccontare la storia definitiva di una dinastia che definiva un’era del basket e per presentare questi eroi dello sport come essere umani. Spero che gli spettatori apprezzino la docu-serie tanto quanto noi ci siamo divertiti a realizzarla”.Jordan ha deciso di devolvere gli incassi della serie a favore della lotta contro il Covid 19. “In questi tempi complicati e in un anno di difficoltà inimmaginabili per via del COVID-19, è più importante che mai prendersi una pausa e dire grazie. Sono orgoglioso di donare i proventi da The Last Dance a Feeding America e alle banche del cibo nella Carolina del Nord e del Sud e a Chicago, aiutando a sfamare la fame dell’America“, ha spiegato Michael Jordan a Sky. Nonostante l’ennesimo successo mediatico il compagno di squadra e pluricampione SCOTTIE PIPPEN, in una telefonata privata a Jordan, ha riferito di non essere soddisfatto di come sono stati riportati i fatti, nella fattispecie la prospettiva in cui viene raccontate la figura controversa di Scottie e la stessa immagine di Michael, distorta quasi a rassomigliare un despota, risultando a detta di Pippen, controproducente per lo stesso SIR AIR.


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